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Piani attuativi e obblighi di trasmissione alla Regione: commento a Corte Costituzionale n. 272/2013

Alice Galbiati

Autore: Alice Gabiati

Data: 25.11.12013

Utilizzo: questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia


La dichiarazione di illegittimità costituzionale della L.R. Molise n. 18/2012

Con pronuncia n. 272 depositata il 14 novembre 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della Legge della Regione Molise 7 agosto 2012, n. 18 Disposizioni in merito all’approvazione dei piani attuativi conformi alle norme degli strumenti urbanistici generali vigenti nella parte in cui non prevede che copia dei piani attuativi conformi alla strumento urbanistico generale, per i quali non è prevista l’approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione.

Il sospetto di incostituzionalità è stato avanzato dal Presidente del Consiglio dei ministri per violazione di un principio fondamentale in materia di governo del territorio, e segnatamente per contrasto con l’art. 24 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, che elimina l’approvazione regionale agli strumenti urbanistici comunali prevedendo, tuttavia, l’obbligo di trasmissione di copia affinché la Regione possa avanzare eventuali osservazioni sulle quali i comuni “devono esprimersi con motivazioni puntuali.

La parte motiva della sentenza prende piede dalla considerazione per la quale, vertendosi nella materia di competenza legislativa concorrente ex art. 117 Cost. "governo del territorio", il Legislatore Regionale, nell’esercizio del proprio potere normativo, è chiamato a rispettare i principi fondamentali imposti dalla legislazione nazionale.

Tra questi principi rientra appunto l’art. 24 della Legge n. 47 del 1985, il quale, osserva la Corte, da una parte istituzionalizza il disegno di semplificazione delle procedure in materia urbanistica, eliminando l’approvazione degli strumenti attuativi, dall’altra, accentua le forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati.

L’inderogabilità di tale principio da parte delle leggi regionali si desume, sostiene la Corte, dall’art. 1, primo comma, della medesima legge, per il quale le Regioni emanano norme in materia di controllo dell’attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni “in conformità ai principi definiti dalla presente legge”.

Da ciò la pronuncia di illegittimità costituzionale della Legge della Regione Molise 7 agosto 2012, n. 18, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 3, della L.R. 2 gennaio 2013, n. 1, tese a rendere conforme la legge regionale al dettato nazionale.

La precedente dichiarazione di incostituzionalità della L.R. Marche n. 34/1992

Non è la prima volta che la Corte Costituzionale prende posizione sul tema della trasmissione alla Regione dei piani attuativi.

Con sentenza n. 343 depositata il 29 luglio 2005, la Consulta aveva infatti dichiarato l’incostituzionalità degli artt. 4 e 30 della Legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio, nella parte in cui non prevedeva che copia dei piani attuativi fosse trasmessa dai Comuni alla Regione (o alla Provincia delegata).

La questione è la medesima.

L’art. 4 della legge regionale sottraeva gli strumenti attuativi ad ogni autorizzazione o approvazione da parte della Regione, venendo gli stessi unicamente approvati, in via definitiva, dal Consiglio comunale. L’art. 30 prevedeva il deposito presso la segreteria del Comune in modo da consentire a “chiunque” di prenderne visione e presentare osservazioni.

Affermando un principio poi accolto dalla successiva pronuncia n. 272/2013, la Corte ha sottolineato come la previsione dell’art. 24 della L. n. 47/1985 sia

chiaramente preordinata a soddisfare un’esigenza, oltre che di conoscenza per l’ente regionale, anche di coordinamento dell’operato delle Amministrazioni locali ed, in questo senso, la legge statale riserva alla Regione la potestà di formulare osservazioni sulle quali i Comuni devono esprimersi.

Specifica alresì la Corte che la possibilità prevista dalla legge regionale di presentare opposizioni e osservazioni da parte di “chiunque” non sopperisce alla mancata previsione dell’invio alla Regione,

obbligo di invio che la legge statale distingue facendone un quid pluris rispetto alle forme partecipative consentite a soggetti privati e pubblici (art. 25), tanto da esigere una motivazione puntuale, che non è richiesta nei confronti delle osservazioni degli altri soggetti.

Il legislatore lombardo: la legge n. 12 del 2005

Alla luce dei rilievi svolti dalla Consulta a suo tempo, ed oggi rinnovati, in tema di pianificazione attuativa pare doveroso interrogarsi sulla tenuta della legislazione lombarda.

Innovando rispetto alle previsioni contenute nella Legge Regionale 23 giugno 1997, n. 23, per la quale la sussistenza del ruolo regionale era strettamente legata alla distinzione tra piani attuativi ^di rilevanza comunale^ e piani attuativi ^di rilevanza sovracomunale^, l'art. 14 della Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12 ha eliminato la distinzione prevedendo per (tutti) i piani attuativi:

Dubbi di legittimità già sollevati all’epoca della pronuncia n. 343/2005 della Corte Costituzionale

Già a fronte della sentenza n. 343 del 2005 gli operatori del diritto si erano interrogati sui possibili riflessi che tale statuizione avrebbe potuto avere sulla Legge lombarda di Governo del Territorio.

La posizione di Regione Lombardia

Su sollecitazione della dirigenza del Settore Urbanistica e Edilizia Privata del Comune di Cantù (Co) l’amministrazione regionale ha espressamente preso posizione sul punto con nota 2 novembre 2005, prot. n. 32330, nella quale afferma che in Lombardia si debba

continuare a seguire la procedura di approvazione dei piani attuativi dettata dalla L.r. 12/2005, non necessitando, pertanto, i piani attuativi stessi di alcun ulteriore passaggio istruttorio regionale, fatti salvi i casi dei piani attuativi in variante al PGT, quando la nuova legge entrerà a regime.

Ciò in quanto:

Proseguiva la nota affermando che già la L.r. 23/97, nell’ottica della semplificazione procedimentale auspicata dalle leggi Bassanini, disponeva, all’art. 6, comma 1, che l’approvazione dei piani attuativi è di esclusiva competenza comunale, senza prevedere alcun intervento della Regione in corso di procedura, se non in riferimento ai piani attuativi di interesse sovracomunale e che la riforma del Titolo V della Costituzione, attuata con la legge costituzionale n. 3/2001, ha inteso attribuire un ruolo centrale ai Comuni, in applicazione del principio di sussidiarietà.

La l.r. 12/2005, muovendosi nel solco già tracciato dalla legislazione testé richiamata, si sarebbe limitata a ribadire che la procedura di approvazione dei piani attuativi è di competenza comunale.

 La dottrina

Dal punto di vista dottrinale, due sono le prese di posizione di cui si ha traccia.

Antonello Mandarano in Il governo del territorio in Lombardia dopo il testo unico regionale, 2007, così ha scritto con riguardo alla nuova impostazione della l.r. 12/2005 in tema di piani attuativi:

Il complessivo ripensamento del sistema pianificatorio in chiave di preservazione dell’autonomia comunale trova conferma anche su questo versante, con il conseguente venir meno di ogni distinzione tra diverse tipologie di piani attuativi, tutti uniformemente sottoposti ad approvazione comunale. Non sembra neppure possibile estendere, con riferimento alla legge lombarda, quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia 29 luglio 2005, n. 343, ove si è affermato che permane l’obbligo per i comuni di dare comunicazione alla regione dell’avvenuta approvazione dei piani attuativi. Premesso che – sul piano notiziale – si dovrà dare notizia al S.I.C. (cfr. art. 3 della legge) anche dei piani attuativi, va rimarcato che la legge lombarda ha definitivamente superato ogni logica di codecisione in materia pianificatoria con riferimento al PGT ed, a fortiori, con riferimento ai piani attuativi. La reintroduzione in via giurisprudenziale di momenti di raccordo tra i diversi livelli amministrativi determinerebbe lo scardinamento del sistema prefigurato dal legislatore (e non oggetto di impugnazione in via diretta da parte del Governo).

Sotto il diverso profilo della "delega da funzioni", commentando l’art. 14 della l.r. si è interrogato Nunzio Fabiano in Governo del territorio, 2005:

Occorre domandarsi se, alla luce della citata sentenza della Consulta, possa ritenersi corrispondente alla esigenza prospettata dai giudici costituzionali la previsione dell’invio alla Provincia, ancorché limitatamente alle questioni di compatibilità con il P.T.C.P., in luogo di una delega espressa della Regione alla stessa Provincia [...] A parere di chi scrive si ritiene che questa ipotesi assolva alla richiesta dei giudici costituzionali, atteso che l’invio alla Provincia discende dalla previsione dell’art. 20 della legge statale – T.U.E.L. – D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, sia dall’art. 3 della l.r. Lombardia 5 gennaio 2000, n. 1, di talché il coinvolgimento della Provincia può essere agevolmente considerato funzione delegata.

Considerazioni finali

La Consulta pone l’accento sul principio della partecipazione del soggetto pubblico Regione alla procedura di adozione dei piani attuativi.

Se il senso è il coinvolgimento specificamente nella pianificazione attuativa comunale, pare arduo affermare che la Legge sul Governo del Territorio della Lombardia non violi il principio.

Il discorso, in realtà, è più ampio se considerato dal punto di vista dello spirito “autonomista” che ha informato la riforma del Titolo V della Costituzione.

Se la ratio dell’art. 24 della L. n. 47 del 1985 è quella di garantire la partecipazione delle Regioni alla pianificazione attuativa, non può non chiedersi se le Regioni nella loro potestà normativa non siano libere di organizzare come meglio ritengono i propri procedimenti, anche con riferimento alle modalità di coinvolgimento dei diversi Enti territoriali, purché una partecipazione vi sia in ossequio al principio nazionale.

Le leggi urbanistiche lombarde succedutesi nel tempo hanno mostrato una certa evoluzione in tal senso. Se in origine è stato attribuito alla Regione il preventivo “controllo di legittimità” sulle deliberazioni di approvazione del Consiglio comunale (art. 35 L.R. 51/75), con la successiva l.r. 23 del 1997 la trasmissione alla Regione è stata mantenuta esclusivamente per i piani attuativi di “rilevanza sovra comunale”. Con la l.r. 12 del 2005 la previsione è cessata.

Ciò, tuttavia, non significa che la partecipazione regionale sia venuta meno.

Nel “sistema regionale integrato di governo del territorio” della l.r. 12/2005 si potrebbe infatti ritenere che la partecipazione alla pianificazione sia, per così dire, "anticipata" e contenuta nella predisposizione da parte della stessa del Piano Territoriale Regionale, quale “quadro di riferimento per la valutazione di compatibilità degli atti di governo del territorio di comuni, province” (art. 20, comma 1, l.r. 12/2005) (Bilancia in Governo del territorio cit.). Ciò troverebbe conferma nella previsione di cui al comma 5-bis dell’art. 13, a mente della quale, nel periodo precedente all’approvazione PTR, i comuni appartenenti a provincie non dotate di PTCP, dovevano trasmettere i documenti componenti il PGT alla Regione, chiamata a formulare un parere vincolante.

Quest'ultima ricostruzione è l'unica, alla luce della posizione della Corte Costituzionale, che sembra garantire la sopravvivenza dell'attuale impianto legislativo lombardo: al tempo stesso si è consapevoli che una simile lettura non è esente da perplessità, in ragione della chiarezza delle posizioni espresse dalla Corte, la quale distingue il livello di previsione programmatica (ossia di pianificazione generale) da quello attuativo.

Se però sono chiare le motivazioni delle decisioni della Corte costituzionale commentate, è altrettanto chiaro che delle due l’una: o si accoglie un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14 della L.R. 12 del 2005 - come è avvenuto per le ristrutturazioni edilizie senza vincolo di sagoma in Lombardia (v. TAR Lombardia, sez. II, Milano 16 gennaio 2009, n. 153) - tale da renderlo conforme al principio partecipativo rassegnato nella l. 47 del 1985 o l'attuale disposizione regionale è a rischio di incostituzionalità. 

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